24 agosto 2012

Vis.

Le parole che si affollano nella testa e sbattono e rimbalzano e si azzuffano e si artigliano ai sentimenti così forte così forte così forte ti senti scoppiare.
E poi davanti a un foglio bianco non ti esce nulla. Non una sillaba. Tutto in gola tutto sullo stomaco, peso morto sul cuore.
Scavare dentro di me per trovare le forze e la sensibilità, mordermi la lingua per zittirmi quando quelle parole prima mute vorrebbero riversarsi fuori in modi e tempi inopportuni. 
La rabbia nel sentire che non è giusto, e l'inadeguatezza che si prova quando si vedono occhi amati roteare con aria di sufficienza e fastidio.
Ecco che non dovrebbe essere così, ecco che mi trovo in bilico tra due tipi diversi di amore, due tipi diversi di sofferenza. Ehi sono qui anche io, guardami, guardami, ho bisogno di te anche io. Vorrei urlare. 
Invece si fa la conta delle difese rimaste e si pensa di poter resistere ancora un po'. Ma a fingere non sono mica brava, a stare in silenzio un po' di più. Mi si chiede di parlare e di essere sorridente che non c'è nulla che non va, ma chi lo vede il fiume sotterreano che è in piena? 
Che sono stanca stanca stanca, e non è il caldo. E' che le energie vengono risucchiate da questo goffo tentativo di finzione, ma quando sono sola metto le mani nei capelli e mi chiedo a che pro, e se c'è un vantaggio non è di certo a mio beneficio. E' giusto questo? 

Poi sento l'urlo di un bambino che piange fuori casa, un bambino che adoro e che adesso sembra proprio disperato, ma che d'improvviso si zittisce. A lui basta poco: il bacio della nonna e il suo triciclo, e gli occhioni blu tornano sereni. Sorrido, e mi sorprendo di questo sorriso inaspettato proprio ora. 

E' non-sense, per voi. Ha fin troppo senso, per me.

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